In questo report ti spiego come hanno fatto gli USA a diventare l’unico paradiso fiscale al mondo sbaragliando tutti gli avversari come la Svizzera e le Cayman.
Nella regione di Sioux Falls in South Dakota vengono costituiti Trust volti a proteggere gli asset delle famiglie ricche di tutto il mondo. Dal 2006 al 2014 il valore degli asset protetti nei trust costituiti a Sioux Falls sono cresciuti dai 32$ miliardi ai 226$ miliardi. Il numero dei Trust è cresciuto da 20 a 86.
Questa realtà è salita alla ribalta della cronaca dopo lo scandalo dei Panama Papers. L’International Consortium of Investigative Journalists ha notato che le banche americane fornivano un’ottima copertura a moltissimi evasori fiscali.
Fino ai Panama Papers solo gli addetti ai lavori sapevano che gli USA avevano una legislazione che favoriva il riciclaggio di denaro e la protezione di patrimoni illeciti. Adesso però anche molti giornalisti si stanno interessando a questo fenomeno.
In realtà il fenomeno è molto più antico di quanto si creda, la Florida Bankers Association ha esplicitamente affermato davanti al Congresso americano che esistono miliardi di depositi provenienti dall’estero diretti verso le banche americane. Questo perché per 90 anni il governo americano ha incoraggiato gli stranieri a mettere il proprio denaro nelle banche americane e esentare questi soldi da imposte e scambio di informazioni.
La Boston Consulting Group ha stimato che negli USA ci sono beni offshore (provenienti dall’estero) per un valore di 800$ miliardi. La Svizzera primeggia ancora nel settore con un ammontare di 2,7$ trilioni. Ma gli USA sono in rapida crescita (crescono del 6% all’anno).
Bruce Zagaris, avvocato di Washington, sostiene che gli USA sia il più grande centro offshore al mondo e che il governo abbia fatto uno splendido lavoro nell’aver messo fuori gioco tutti gli avversari, in particolare la Svizzera.
Andy Homles sostiene che il 90% dei Trust registrati in South Dakota sono completamente fasulli, ovvero c’è una casella postale e una stanza dove una volta all’anno si riunisce un consiglio rispettando i requisiti normativi minimi. Ma per il resto dell’anno l’ufficio è letteralmente vuoto e disabitato.
Mark Hays della Global Witness ha dichiarato che gli Stati Uniti sono uno dei posti più semplici al mondo dove creare una società anonima. Stefanie Ostfled della medesima organizzazione ha affermato che gli USA sono una “secrecy jurisdiction” tanto quanto quelle vigenti nei Caraibi.
Secondo il rapporto del Financial Secrecy Index (2015) gli Stati Uniti hanno la fetta più grande in assoluto del mercato dei servizi offshore. Il suo principale rivale è la City di Londra!!!!
Quindi agli apici di questa classifica abbiamo due sistemi anglofoni. Che simpatica coincidenza! La principale differenza con Londra è il fatto che l’Inghilterra si avvale della Commonwealth, quindi si appoggia a Stati stranieri (es. Virgin Islands) che godono della protezione di Londra.
Gli Stati Uniti invece si avvalgono principalmente di risorse interne come South Dakota e Delaware.
Ma perché gli USA sono un paradiso fiscale?
Per chi non lo sapesse lo sviluppo delle attività offshore negli USA è cresciuto a dismisura proprio grazie alle attività condotte dall’OCSE per distruggere i paradisi fiscali tradizionali.
Chi si è avvantaggiato più di tutti di ciò sono stati gli USA che hanno combattuto in prima fila per abbattere i paradisi fiscali tradizionali per poi restare l’unico paradiso fiscale sulla faccia della terra in grado di muoversi in piena libertà.
Infatti tutti i paesi che fino a ieri erano paradisi fiscali sono stati costretti a scambiare informazioni con le amministrazioni fiscali straniere perdendo la loro caratteristica peculiare di centro offshore. Gli USA invece si sono rifiutati di scambiare informazioni (non hanno aderito al CRS) promuovendosi automaticamente come nuovo centro offshore!
Ma vediamo nel dettaglio come hanno fatto gli Stati Uniti a sbaragliare tutti gli avversari e a restare l’unico paradiso fiscale sulla faccia della terra in grado di operare senza bastoni tra le ruote.
La Storia Fiscale degli USA: il lungo tragitto verso la secrecy jurisdiction
Se si guarda con attenzione alla storia fiscale e finanziaria degli USA si può notare come questi lavorino da molto tempo per diventare un paradiso fiscale. Sembra quasi essere un loro desiderio ancestrale.
E’ un aspetto su cui si focalizzano in pochi, ma è anche vero che solo pochi svolgono il lavoro di consulente fiscale con la stessa professionalità con cui lo svolgo io, quindi non mi meraviglio più di tanto.
Questa storia inizia nel 1921, quando venne varata la Revenue Act riguardante l’esenzione dalle imposte sugli interessi ottenuti dai depositi bancari per i non residenti. Era una misura volta ad attrarre capitale straniero promuovendo l’elusione fiscale nei paesi di provenienza.
Dopo la seconda guerra mondiale, nonostante le proteste di Keynes, venne alleggerita la norma che obbligava i paesi a cooperare sulle norme fiscali e a scambiare le informazioni. In questo modo migliaia di europei ricchi nascosero i propri soldi negli USA sottraendo i capitali a una possibile vittoria dei comunisti in Europa, ma soprattutto alle amministrazioni fiscali nazionali (molto più pericolose evidentemente!!!!).
Nel 1960 il governo era immerso nella guerra del Vietnam e aveva bisogno di capitali stranieri, per questo motivo venne tenuto in piedi il sistema che garantiva segretezza totale ai capitali stranieri localizzati nelle banche americane.
Nel 1981 gli USA introdussero l’International Banking Facility il quale garantiva alle banche americane determinate esenzioni in precedenza ottenibili solo andando offshore. Ciò attirò molto denaro dalle filiali nei paradisi fiscali che tornarono allegramente negli USA.
Successivamente per attirare ancora più capitali si inventarono di non far pagare le tasse agli stranieri che avessero acquistato i bond governativi USA o quelli delle corporations americane (cd. Portfolio Interest Exemption).
Nel 1990 l’amministrazione di Clinton si dimostrò preoccupata per la dimensione che aveva preso il fenomeno della segretezza fiscale negli Stati Uniti, ma era troppo tardi. Non fece quasi nulla per contrastare il fenomeno. Solo negli ultimi giorni della sua amministrazione riuscì a ottenere qualcosa, ma gli Stati Uniti continuavano a non avere nessun obbligo di scambio di informazioni con paesi esteri.
Successivamente durante l’amministrazione Bush perfino queste poche misure vennero annullate in una nuova ondata anti-tasse.
Ma le cose stavano cambiando perché l’amministrazione fiscale USA si stava rendendo conto che sempre più americani stavano evadendo le tasse nascondendo i propri patrimoni nei paradisi fiscali tradizionali. Per cui gli USA nel 2001 avviarono il Qualified Intermediary Programme (QI) che aveva l’obiettivo di colpire gli evasori fiscali americani e al contempo fare in modo che gli USA restassero un paradiso fiscale per gli stranieri.
Ma il programma non funzionò come si sperava, infatti il programma QI non era in grado di identificare gli evasori fiscali americani a causa di alcuni buchi nel sistema.
Fu solo con la crisi del 2008 che si aprì una nuova era nella politica fiscale e finanziaria degli USA e di molti altri paesi. Con la crisi erano maturati i tempi per un nuovo approccio.
Il programma QI venne rimpiazzato dalla Foreign Account Tax Compliance Act (FACTA) che venne varata nel marzo 2010, ma entrò in vigore solo nel 2014. Venne introdotta come una versione più severa del QI programme con l’obiettivo di preservare la caratteristica di paradiso fiscale degli USA ma al contempo di fornire più strumenti al’ I.R.S. (l’agenzia fiscale americana) di indagare sugli americani che nascondevano i capitali all’estero.
In pratica le istituzioni finanziarie straniere erano obbligate a comunicare tutti i dati dei loro clienti americani all’IRS (l’agenzia fiscale americana). Se i cittadini americani avessero cercato di nascondersi dietro società fantasma sarebbe stato compito delle istituzioni finanziarie di identificarli.
Quindi le istituzioni finanziarie dovevano accollarsi l’onere di eseguire i controlli al posto dell’IRS, altrimenti avrebbero pagato una salata sanzione.
Il FATCA era uno strumento molto efficace perché faceva ricadere sulle istituzioni finanziarie gli oneri di cercare gli evasori fiscali. Infatti se oggi il sistema bancario internazionale è praticamente bloccato è dovuto proprio a questa misura, voluta dagli USA.
Al FATCA hanno aderito complessivamente 90 giurisdizioni (il 75% dei paesi mondiali) ma la reciprocità è di gran lunga sbilanciata a favore degli Stati Uniti. Questi sono il paese che ottiene più informazioni in assoluto rispetto agli altri. In pratica gli USA ricevono molte più informazioni di quante ne comunichino agli altri aderenti.
Ma come hanno fatto gli USA a convincere gli altri paesi a cambiare le proprie leggi ed aderire alla FATCA? Da un lato hanno stabilito che tutte le istituzioni finanziarie che non avesse comunicato tali informazioni avrebbero pagato una sanzione del 30% su tutte le transazioni finanziarie effettuate con gli Stati Uniti. Dall’altro lato gli USA hanno promesso che loro avrebbero scambiato con gli altri paesi i dati relativi ai non residenti che avesse detenuto conti correnti negli USA.
Il problema è che gli USA non hanno mai fatto passare una legge che obbligasse le proprie istituzioni finanziarie a raccogliere informazioni sui depositi dei non residenti. Per cui la situazione di fatto è che gli USA non comunicano nessuna informazione rilevante agli altri paesi.
L’accordo era stato venduto come uno scambio reciproco, ma nei fatti si è rivelata una vera e propria truffa ai danni del resto del mondo. Gli USA continuano a promettere che prima o poi si adegueranno all’accordo preso ma più passa il tempo e più le cose si fanno complicate.
Moltissimi stranieri, specialmente russi e cinesi, stanno aprendo Trust e conti correnti anonimi negli USA per proteggere i propri patrimoni dalle rispettive agenzie fiscali. Per cui il settore dell’offshore negli USA sta crescendo a dismisura.
Più cresce un settore e più forte diventa la lobby che al Congresso farà pesare la propria influenza. Per cui possiamo dire con certezza assoluta che più tempo passa e più diventa difficile varare una normativa che permetta agli USA di scambiare informazioni con il resto delle agenzie fiscali mondiali.