Come i Gruppi Internazionali Minimizzano la Tassazione Arrivando a non Pagare un Centesimo di Tasse

22 Ottobre 2015

In questo report scoprirai come i gruppi internazionali minimizzano la tassazione in maniera legale e intelligente riuscendo ad evitare la maggior parte delle imposte.

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Non sto scherzando, tantomeno sto cercando di attirare la tua attenzione con un “titolone” ad effetto per poi rifilarti un contenuto completamente differente. Sono sinceramente interessato a mostrati come le grandi aziende minimizzano la tassazione.

Ti svelo davvero come fanno le grosse multinazionali a non pagare un centesimo o quasi di tasse, portandosi a casa fatturati e dividendi milionari.

Magia? Nient’affatto!

Piuttosto si tratta di Pianificazione Fiscale, magari “aggressiva”, come la definiscono le amministrazioni fiscali di molti paesi, magari “immorale”, come piace descriverla invece ai media di tutto il mondo per attirare l’attenzione di chi le tasse le paga e come (e per farli incazzare aggiungerei io).

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Sta di fatto che nel corso degli ultimi 50 anni, i grossi gruppi multinazionali hanno guadagnato e continuano a guadagnare miliardi, avantaggiandosi della pianificazione fiscale e della conoscenza di professionisti di tutto il mondo.

Vediamo come questo avviene effettivamente. Analizziamo le pratiche in più in voga.

1. Evitare o ridurre la “presenza tassabile”

Una della modalita’ di erosione della base imponibile (uno dei modi per pagare meno tasse per intenderci) e’ quella di eliminare oppure di ridurre la propria “presenza tassabile” (taxable presence) nel paese del mercato di sbocco, nel paese cioe’ dove si trovano effettivamente i consumatori dei propri beni o servizi.

Mi spiego meglio.

Soprattutto i gruppi o le societa’ che si avvantaggiano della “digital economy” ovvero dell’economia del web, possono e di fatto interagiscono con i propri mercati riducendo al minimo la presenza fisica in quel paese.

Di fatto, sfruttando internet, e’ possibile vendere i propri prodotti e offrire i propri servizi in un determinato paese senza trovarsi “fisicamente” in quel paese.

Stiamo parlando di un principio semplicissimo che viene applicato (spesso inconsapevolmente) da qualsiasi azienda che ha sede legale in un paese (es. Italia) e che pero’ vende i suoi prodotti in tutto il mondo (es. in tutta Europa).

Per vendere questi prodotti, non e’ oggi piu’ necessario infatti aprire un negozio fisico in ogni paese europeo. Basta una buona SEO e un po’ di pubblicita’ ed il cliente e’ bello che raggiunto nel paese che si desidera.

Come puoi capire, in questo modo, non si determina nessuna presenza fisica nel paese dove si sta vendendo. Il tutto si verifica tramite un sito internet che appoggia su un qualsiasi provider.

Ora, le legislazioni fiscali dei vari paesi, ad oggi, si limitano a tassare i profitti di tutte le societa’ che hanno sede legale all’interno dei rispettivi territori. Se una societa’ (chiamiamola la societa’ A) che ha la sede legale nel paese A, vende prodotti o servizi in uno stato B, lo stato B tassera’ la societa’ A soltanto se quest’ultima ha nel territorio dello Stato B una cosiddetta “Stabile Organizzazione”.

Ma, come dicevo, ad oggi, un semplice sito internet non determina di per se’ la presenza di una stabile organizzazione, la quale invece ha delle caratteristiche ben precise ed include, tra le altre cose, la presenza di una “base fissa d’affari”.

Considera poi che molti gruppi societari si avvalgono dei moderni mezzi di comunicazione per rimanere in contatto con il proprio mercato di sbocco: telefono, mail, fax, agenti intermediari indipendenti, lettere cartacee, sales letters ecc.

Questo non solo riduce i costi di gestione, ma rafforza l’effetto di NON determinare la presenza di una stabile organizzazione (o comunque di una base fissa d’affari) sul territorio dello Stato dove si intende vendere i propri prodotti o servizi.

Risultato? No stabile organizzazione = No tassazione.

E questo è solo uno dei modi che mostra come minimizzano la tassazione. Ad oggi sicuramente questo è il più semplice; anche piccole e piccolissime realtà aziendali lo mettono in atto in tutto il mondo.

2. “Spostare” il reddito da paesi ad alta tassazione a paesi a bassa o nulla tassazione mediante la distribuzione di funzioni, rischi e asset aziendali tra le societa’ del gruppo

Questa pratica è un tantinello più complicata, soprattutto per i non addetti ai lavori, e proverò a spiegartela in parole quanto più semplici possibili.

In linea di principio, ogni societa’ di uno stesso gruppo dovrebbe essere “remunerata” (da parte di tutte le altre societa’ del gruppo) in base alle funzioni effettivamente svolte all’interno del gruppo, in base ai rischi che sopporta nei confronti sia del mercato che del gruppo stesso, e, infine, in base agli asset patrimoniali (es.: immobili, proprieta’ intellettuali, ecc. ecc.).

Essere “remunerata” vuol dire, in poche parole, che se una societa’ eroga servizi alle altre societa’ dello stesso gruppo, o mette i suoi asset a disposizione delle societa’ del gruppo, la stessa dovrebbe ricevere in cambio un compenso adeguato (ossia parte del reddito dell’intero gruppo dovrebbe essere assegnata in proporzione a chi fa’ o da’ di piu’ rispetto alle altre).

Un gruppo multinazionale, quindi, potrebbe allocare o spostare funzioni, rischi e asset aziendali da paesi ad alta tassazione a paesi a bassa tassazione tra le sue consociate, cosi’ da provocare lo spostamento del “reddito” da un paese ad alta tassazione verso un paese a bassa tassazione.

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Questo e’ tanto piu’ facile quanto piu’ il business sfrutta i vantaggi dell’economia digitale.

Proviamo a fare un esempio. Poniamo il caso di una multinazionale che abbia tra i suoi asset: marchi, brevetti e licenze di proprieta’ intellettuale, un classico.

Poniamo che il gruppo abbia il suo quartier generale in Italia (tax rate effettivo: 32%) e che abbia una stabile organizzazione in Romania (tax rate effettivo: 10%).
La multinazionale potrebbe decidere di allocare parte di tutte le sue proprieta’ intellettuali in Romania, magari insieme ad altre funzioni e relativi rischi aziendali.

In pratica, alcuni asset, in particolare quelli immateriali come appunto le proprieta’ intellettuali, oppure i rischi relativi alle attivita’ commerciali (ed esempio i rischi finanziari) possono essere allocati o spostati da una societa’ del gruppo all’altra tramite accordi contrattuali. Questo determina anche lo spostamento del reddito del gruppo.

3. Massimizzare le “deduzioni” nel Paese del mercato di sbocco

Un altro modo di ridurre la tassazione e’ rappresentata dalla massimizzazione delle deduzioni.

Per “deduzioni” si intendono tutti quei costi che vanno a sottrarsi dai ricavi e, conseguentemente, riducono la base imponibile, la base cioe’ sulla quale si calcolano le tasse.

Questa “massimizzazione” delle “deduzioni” si ottiene di solito mediante l’erogazione di pagamenti fatti da una societa’ verso le altre societa’ del gruppo sotto forma di interessi, royalties e service fee (letteralmente “compensi per servizi erogati”).

Ad esempio, una societa’ del gruppo che si trova in un paese a bassa tassazione potrebbe farsi erogare un prestito in denaro da un’altra societa’ del gruppo ed essere in grado di applicare un basso tasso di interesse grazie, ad esempio, ad un rating creditizio favorevole nel proprio paese.

La stessa potrebbe quindi a sua volta erogare un prestito, questa volta ad un tasso di interesse piu’ alto, ad altre societa’ del gruppo che si trovano invece in paesi ad alta tassazione. In questo modo, queste ultime societa’ che ricevono il prestito saranno autorizzate a dedurre dalla loro base imponibile un elevato ammontare di interessi passivi (che deriva appunto dal prestito ricevuto).

4. Evitare le ritenute sui redditi

Se una societa’ riceve pagamenti dall’estero sotto forma di dividendi, interessi e/o royalties, questi pagamenti protrebbero (e spessisimo lo sono) essere soggetti a ritenute di imposta.

Gli stati dai quali provengono questi pagamenti, sulla base delle rispettive legislazioni nazionali, hanno il potere di “trattenere” una determinata percentuale (chiamata whitholding tax) da questi pagamenti in uscita dal loro territorio, basandosi sul fatto che questi pagamenti non sono altro che “redditi” prodotti sul proprio territorio nazionale e, pertanto, gli stessi dovrebbero in linea teorica contribuire ai servizi della nazione che insiste su quel determinato territorio.

Se, ad esempio, la societa’ A residente nello Stato A eroga un dividendo alla societa’ B residente dello Stato B, lo Stato A puo’ trattenere una percentuale (che di solito va dallo 0 al 30%) sul dividendo in uscita da A e diretto verso lo Stato B.

Ora, per limitare o annullare l’effetto di queste “trattenute”, generalmente, si ricorre alle cosiddette Convenzioni Contro le Doppie Imposizioni.

Tali Convenzioni, ad ogni modo, non sono in vigore tra tutti gli Stati del mondo.
Non e’ infrequente, quindi, che i gruppi multinazionali costituiscano societa’ in Paesi che hanno un numero significativo di Convenzioni.

Facciamo un esempio. La societa’ A deve erogare un dividendo alla societa’ B, ma tra lo Stato A e lo Stato B non esiste una convenzione che riduca o elimini l’applicazione di una ritenuta sul dividendo in uscita.

Ora, considerato che sia A che B appartengono allo stesso gruppo, il gruppo potrebbe decidere di costituire una societa’ C – residente nello Sato C – che si interponga tra A e B nello scambio del dividendo. Lo Stato C, infatti, ha una Convenzione in vigore sia con lo Stato A che con lo Stato B tale per cui nessuna ritenuta e’ applicabile sul dividendo in uscita.

Risultato? Il dividendo arrivera’ a C intero!

5. Eliminare o ridurre la tassazione nel Paese dove si trova la societa’ “intermedia”

Le societa’ “intermedie” (ti ricordo che qui utilizzo un linguaggio assolutamente non tecnico) sono quelle che si trovano nel “mezzo” di un gruppo, ad esempio se A controlla B che controlla C a sua volta, allora B e’ la societa’ per cosi’ dire intermedia.

Chiarito brevemente questo, posso ora dirti che ridurre la tassazione nel Paese dove ha sede la societa’ intermedia (B), e’ un obiettivo solitamente perseguito dalle multinazionali nei seguenti modi.

E’ possibile ad esempio collocare societa’ intermedie in paesi a fiscalita’ privilegiata, magari attribuendo a tali societa’ talune funzioni strategiche particolari, in base ad accordi contrattuali.

Ancora, e’ possibile che la societa’ intermedia B possa sfruttare le proprieta’ intellettuali (es. marchi, brevetti, licenze, ecc.) detenute da un’altra societa’ C del gruppo la quale ha sede in un paese a fiscalita’ agevolata.

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B paghera’ infatti una royalty a C per l’utilizzo del marchio e delle altre proprieta’ intellettuali. Qesta royalty rappresenta sia un costo deducibile per B (che abbatte cioe’ la base imponibile di B riducendo di conseguenza le tasse da pagare) e sia, allo stesso tempo, anche un ricavo per C la quale pero’ si trova in un paese a bassa o nulla tassazione.

Infine, sempre a titolo di esempio, una societa’ B in un paese intermedio B potrebbe riconoscere compensi elevati alla casa madre A locata in un altro stato A a bassa o nulla tassazione per aver ricevuto servizi di coordinamento (cosiddette “management fees”). Ancora una volta, le conseguenze dirette sarebbero: piu’ costi deducibili per B e piu’ ricavi per A (ma tassati meno perche’ A si trova in un paese a bassa tassazione).

6. Eliminare o ridurre la tassazione nello Stato di residenza della Casa Madre

In generale, posso dirti che anche in questo caso vale tutto quanto detto sopra al pinto numero 1 in merito alle modalita’ per ridurre o eliminare la tassazione nello Stato del mercato di sbocco.

Di conseguenza, una non corretta allocazione di rischi, funzioni ed asset aziendali, permetterebbe alla Casa Madre di un gruppo, in linea di principio, di NON essere remunerata (o essere remunerata non equamente) in merito all’erogazione dei servizi forniti worldwide alle sue consociate (poiche’ sulla carta privata di determinati asset o funzioni che di fatto svolge).

Infatti, tramite accordi contrattuali con le sue consociate, ad esempio, la Casa Madre potrebbe allocare le sua proprieta’ intellettuali presso una consociata in un Paese terzo ed evitare di ricevere le relative royalty (che invece riceverebbe la sua consociata nel paese a fiscalita’ privilegiata).

Ancora, la Casa Madre potrebbe essere collocata in uno stato che prevede invece l’applicazione di un regime generale di esenzione per i redditi di fonte estera oppure la Casa Madre potrebbe trovarsi in un paese che non ha tra le sue leggi clausole antielusive (come ad esempio quella delle cosiddette “controlled foreign company” o CFC, secondo cui i redditi provenienti da societa’ black list sono tassati direttamente in capo alla casa madre).

Conclusioni

Questi sono solo alcuni esempi non esaustivi che servono a darti un’idea di come le aziende minimizzano la tassazione.

Per accedere a queste “pratiche” e’ necessario affidarsi a dei professionisti ma, cosa ancora piu’ importante, devi sapere che si tratta di pratiche sempre piu’ osteggiate e riconosciute come “lesive del diritto tributario” o elusive (quando non evasive) da parte delle Amministrazioni fiscali di tutto il mondo e da parte soprattutto dell’OCSE, l’organizzazione per lo sviluppo e l’armonizzazione del sistema economico internazionale.
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(*) Liberamente ispirato e in parte traduzione non ufficiale di “OECD/G20 Base Erosion and Profit Shifting Project – Addressing the Tax Challenges of the Digital Economy – ACTION 1: 2015 Final Report – Chapter 5”

Luca Taglialatela

Dottore commercialista e tributarista internazionale, creatore di Trasferimento Sicuro, il primo blog dedicato ai trasferimenti di residenza fiscale dall’Italia verso l’estero e Tax Planning Internazionale, il primo blog che insegna agli imprenditori come risparmiare fiscalmente sull’attività della propria azienda grazie al tax planning internazionale.

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