Il 2022 si sta rivelando un anno interessante, con importanti sviluppi nel fintech e nel virtual banking. Oggi voglio soffermarmi sulla situazione cinese e canadese e, successivamente, fare un confronto con quella dei Paesi europei. Sei pronto a ricevere le ultime novità sulle banche virtuali? Andiamo!
Virtual banking a Hong Kong
Negli ultimi anni e, soprattutto, negli ultimi mesi numerose banche virtuali sono nate e cresciute. Degne di nota, dal mio punta di vista, sono le 8 candidate che, questa primavera, hanno ricevuto la virtual banking licence di Hong Kong. Se ancora non ne fossi a conoscenza, devi sapere che la virtual banking licence di Hong Kong è una licenza bancaria completa, con protezione governativa sui depositi, ma che non impone l’obbligo di gestire una rete di filiali; infatti, ai fini del servizio, è richiesta una sola filiale attiva. Cosa significa tutto ciò? Te lo dico subito: le nuove banche virtuali di Hong Kong sono più sicure e meglio regolamentate rispetto ad altre fintech (meglio finanziate anche perché, per ottenere la licenza, è necessario un investimento di capitale molto alto).
Ma chi sono le 8 candidate alle virtual banking licence di Hong Kong?
- Xiaomi, una delle più grandi società tecnologiche in Cina
- Tencent, proprietario di WeChat
- ICBC, la più grande banca del mondo
- Bank of China, la quarta banca più grande del mondo
- JD, uno dei più grandi siti di e-commerce in Cina
- Standard Chartered, una delle più grandi banche con sede nel Regno Unito
- Pingan, la più grande compagnia assicurativa del mondo
- ANT Group, società proprietaria di Alipay e Alibaba
Ti sembrano tutti grandi colossi, vero? Hai ragione, ma rifletti su questo: gli utenti del solo Alipay superano quelli di tutte le altre società fintech non cinesi e banche virtuali di tutto il mondo, insieme.
Banche virtuali e fintech in Canada
Anche in Canada non sono mancate le nuove banche virtuali e fintech e quelle già esistenti che sono cresciute. Perché ci interessiamo alle fintech e banche virtuali canadesi? Perché, rispetto alle loro controparti statunitensi, non sono limitate rispetto a un sistema di pagamento obsoleto (il servizio di e-Trasfer Interac è istantaneo, a differenza dell’ACH degli US). E perché, rispetto alle loro controparti europee, le banche virtuali canadesi non sono limitate rispetto alle possibilità di “fare soldi” (le commissioni interbancarie non sono limitanti in Canda così come in Europa). Come si traduce tutto questo? In un doppio vantaggio per le fintech e le banche virtuali canadesi, perché: possono offrire di più e, allo stesso tempo, applicare costi e commissioni più basse ai loro consumatori.
Ti faccio subito un esempio. KOHO Premium, al costo di 9 dollari canadesi al mese, offre:
- Il numero di conto bancario locale
- Apple Pay
- Cashback del 2%
- Nessuna commissione ATM a livello globale
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Inoltre, KOHO Premium include una serie di altri benefit utili come il price matching, ovvero l’adeguamento dei prezzi nel caso in cui il prezzo di qualcosa che hai comprato di recente sia sceso.
Come sta andando in Europa?
Se in Canada e in Cina sembra che le cose stiano proseguendo con un’onda positiva, si può dire lo stesso dei mercati europei? Sebbene l’Europa sia sede di numerose fintech, bisogna dire che ora sta perdendo terreno rispetto agli altri Paesi, in particolare con riferimento a caratteristiche, frammentazione e implementazione del virtual banking.
Dal punto di vista delle caratteristiche, il ritardo europeo è dovuto agli altissimi tassi di interscambio; per sopperire a questo svantaggio, la maggior parte delle fintech ha introdotto piani premium che offrono caratteristiche e opportunità simili a quelle offerte negli altri Paesi del mondo, anche se con cashback piuttosto bassi e opportunità meno competitive.
Questa cosa è preoccupante, se consideriamo che uno dei principali vantaggi di una fintech dovrebbe corrispondere proprio a costi inferiori.
Il ritardo nella frammentazione è dovuto al fatto che l’UE si compone di molti Paesi e che sono necessari elevati costi normativi per implementare i vari prodotti nelle fintech, per regolarizzarli anche a livello sindacale. Ti basti pensare che la Apple ha impiegato quasi quattro anni per estendere il servizio di Apple Pay a tutti i Paesi dell’UE (ha iniziato nel 2015 con il Regno Unito, raggiungendo la piena copertura di tutti i Paesi solo nel 2019).
Infine, il ritardo nell’implementazione è dovuto soprattutto alle difficoltà di applicare i nuovi sistemi a livello sindacale. Anche in questo caso, pensiamo al fatto che l’implementazione dei trasferimenti istantanei SEPA è facoltativa; è evidente che i suoi benefici siano notevolmente ridotti.