Fiscalità dei Dipendenti all’Estero: Trasferta, Distacco o Localizzazione?

21 Aprile 2016

In questo report ti spiego come regolarizzare i dipendenti all’estero comparando le differenze tra la trasferta, il distacco e la localizzazione.

dipendenti distacco trasferta localizzazione

Nel prendere in considerazione il processo di internazionalizzazione, ogni imprenditore deve fare i conti con una serie di variabili considerevole tra le quali, tanto per cominciare, le seguenti:

  • quale mercato servire,
  • come servirlo (es. se creare una presenza fisica o affidarsi ai canali digitali)
  • Quali e quante risorse investire
  • Trovare partner commerciali affidabili, ecc. ecc.

In particolare, riguardo alla scelta di quale sia lo strumento migliore per creare una presenza fisica su un determinato territorio ti rimando al mio articolo: Creare una Sede Aziendale all’Estero con Tasse Ridotte

Oggi invece voglio parlarti della gestione dei dipendenti provando a fare luce su tutte quante le possibilità che hai ogni volta che ti si pone il problema di impiegare uno dei tuoi lavoratori per un lavoro che non deve essere svolto nel territorio italiano e, soprattutto, provando a farti capire quali sono le implicazioni (non poche) fiscalmente rilevanti per te.

Proverò a spiegarti tutto un pezzo alla volta fornendoti così una guida vera e propria che potrai utilizzare con semplicità e senza tante menate ogni volta che ti si presenterà il problema con la gestione dei dipendenti.

Fai molta attenzione. Non si tratta di un problema da poco per 2 motivi fondamentali:

  1. I dipendenti sono la base della tua struttura, renderli inattaccabili sotto un profilo fiscale li rende più sereni e meno preoccupati di conseguenze legali e fiscali che non dipendono da loro
  2. Non fare le cose per bene vuol dire esporsi a sanzioni fiscali che possono addirittura arrivare a raddoppiare le ritenute irpef che devi per leggi effettuare nelle loro buste paga (oltre agli interessi e alle sanzioni penali se si superano certi ammontari di imposte non versate)

Pertanto, qualsiasi sia la tua prossima mossa per utilizzare i tuoi dipendenti fuori dall’Italia per qualsiasi motivo commerciale, fai sempre un’analisi fiscale prima di qualsiasi passo. Tu forse non mi credi, ma potrebbe salvarti l’azienda.

Iniziamo dal principio:

Quali sono le Forme Contrattuali da prendere in considerazione per impiegare il personale quando internazionalizzi o ti rivolgi  a nuovi mercati

Se sei in fase di espansione su mercati esteri le possibilità che ti presentano in riferimento all’impiego della forza lavoro sono sostanzialmente due:

  1. Assumere personale in loco
  2. Inviare personale italiano

Nel primo caso, come puoi immaginare, sarà necessario rivolgersi ad un consulente del paese di destinazione per comprendere le varie forme contrattuali disponibili (va da sé che adesso non posso illustrati tutte quelle a disposizione nel mondo …).

Nel secondo caso (utilizzo di personale italiano) posso senz’altro dirti che, soprattutto in caso di uffici di rappresentanza piuttosto che di branch estere, le forme contrattuali per te più convenienti sono le due seguenti:

  • il contratto d’opera professionale (ossia la classica apertura id partita Iva del collaboratore ai sensi degli art. 2222 e ss. c.c.), oppure
  • il contratto di collaborazione coordinata e continuativa (anche a progetto) di cui agli artt. 61 e ss. D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, soprattutto se l’impiego del personale si prevede sarà solo temporaneo (come nel caso della trasferta).

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In caso invece si prevede che la situazione lavorativa sia persistente e cioè non temporanea (si pensi al distacco), si rientra nelle più consuete forme contrattuali previste in caso di lavoro subordinato a tempo indeterminato e cioè:

  1. contratto a tempo indeterminato,
  2. somministrazione di lavoro e
  3. a determinate condizioni anche il contratto di apprendistato, ad esempio in fase di sviluppo di nuove attività.

La scelta del giusto contratto ti fara’ risparmiare sotto il profilo IRPEF e sotto quello INPS. Ma non puoi affidarti solo al tuo consulente del lavoro che di internazionale non ne sa nulla.

Le “Formule” da incrociare con i rapporti  contrattuali a disposizione

La difficoltà della corretta gestione del personale in fase di internazionalizzazione dell’impresa deriva dal non facile compito di dover incrociare le forme contrattuali a disposizione (vedi numero 1 appena sopra) con le “formule” con cui impiegare il personale a tua disposizione, formule che, a ben vedere, non sono tutte disciplinate dall’ordinamento italiano.

Vediamo allora quali sono queste formule e che che cosa devi sapere per capire quando usare cosa. Te lo dico subito, fai attenzione perche’ si tratta di roba complicata e affidarti al primo consulente che ti propone la sua soluzione senza darti spiegazione adeguate potrebbe far facilmente fallire il tuo business in fase di espansione. Occhi spalancati quindi.

Numero 1: la Trasferta

Che cosa devi sapere:

    • Provvisorietà. La trasferta e’ probabilmente la formula piu’ utilizzata e forse anche perche’ in diritto non ne esiste una definizione vera e propria disciplinata dalla legge. Questo lascia all’imprenditore ragionevoli spazi di manovra. Tuttavia, esistono delle regole da rispettare anche nel caso della trasferta. Infatti, deve trattarsi in ogni caso di un “mutamento temporaneo della sede di lavoro”, trascorso il quale il dipendente tornerà a lavorare presso la sede di lavoro presso la quale era stata originariamente assunto.
    • Interesse e Beneficio del datore di lavoro originario. Il dipendente continuera’ a rispondere alle direttive del suo originario datore di lavoro a beneficio del quale sta evidentemente lavorando. Ogni tipo di retribuzione deve essere pagata da parte del datore di lavoro.
    • Durata. Nonostante non esista alcuna norma che definisca un termine temporale preciso, nella pratica una trasferta non dovrebbe superare i 6 mesi. Diversamente si rischia di scadere nel distacco, formula ben diversa.

Numero 2: il Trasferimento

Che cosa devi sapere:

    • Definitività. il trasferimento del lavoratore consiste in uno spostamento definitivo e senza limiti di durata (Cass. civi. 23 aprile 1985, n. 2681). La nuova sede di lavoro del dipendente deve essere perciò definitiva. Questo non significa che  non potra’ mai cambiare e tornare ad essere ad esempio quella originaria, ma soltanto che il datore invia a lavorare presso un proprio sito produttivo o una propria sede amministrativa all’estero “permanentemente” per un periodo di tempo relativamente lungo (qualche anno per intenderci).
    • Interesse e Beneficio del datore di lavoro originario. Anche in questo caso il dipendente continuerà a prestare la propria attività sempre per il proprio datore di lavoro, sebbene in altra sede. Ogni tipo di retribuzione deve essere pagato da parte del datore di lavoro.

Numero 3: il Distacco Internazionale

Che cosa devi sapere:

    • Temporaneita’. Si tratta di un’assegnazione temporanea presso un’altra sede di lavoro (tipicamente presso una consociata estera) che, tuttavia, non e’ disciplinata da nessuna disposizione specifica di legge.
    • Interesse del datore di lavoro originario (il cosiddetto Distaccante). Deve esistere un interesse, ossia una ragione concreta da parte del Distaccante per “spostare” il lavoratore presso altra sede di lavoro.  Ogni tipo di retribuzione deve essere pagato da parte del datore di lavoro.
    • Beneficio del nuovo datore di lavoro (cosiddetto soggetto Distaccatario). Le prestazioni devono essere evidentemente rese a beneficio della società distaccataria.
    • Forma Contrattuale. Attenzione, per disciplinare un accordo del genre devono sussistere i seguenti due tipi di accordi contrattuali (scritti):
      • un contratto fra Distaccante e Distaccatario in cui vengono regolati i processi di riaddebito dei costi (si pensi all’ipotesi in cui il soggetto Distaccante continua a retribuire in tutto o in parte il dipendente, che presta tuttavia la propria attività presso la distaccataria)
      • un contratto di distacco fra l’originario datore di lavoro e il dipendente in cui vengano definite le modalita’ del distacco internazionale (retribuzione, tempistiche, ecc. )
    • I vantaggi e gli Svantaggi. Dal punto di vista italiano, i maggiori vantaggi offerti dal distacco si hanno sotto il profilo fiscale ben potendosi a determinate condizioni applicare le cosiddette “retribuzioni convenzionali” (leggi l’esempio che ti ho fatto al punto n. 3 subito sotto). Anche sotto il profilo previdenziale esiste un vantaggio. Infatti, se il dipendente è inviato presso Paesi UE, dello Spazio economico europeo, in Svizzera o in Stati previdenzialmente convenzionati con l’Italia, il dipendente continuerà a essere iscritto solo alla previdenza italiana. Problemi considerevoli sorgono quando lo Stato di destinazione non e’ invece previdenzialmente convenzionato con l’Italia. In tale ultima ipotesi, il lavoratore dovrà continuare a contribuire anche in Italia.

Numero 4:  la Localizzazione

Che cosa devi sapere:

    • Si tratta dell’ipotesi in cui, dopo alcuni anni di distacco del lavoratore, si manifesta l’esigenza strategica di lasciare il dipendente in loco. In questo caso siamo a tutti gli effetti in presenza di un rapporto di lavoro di diritto estero che, tuttavia, sotto il profilo fiscale, merita particolare attenzione.
    • I vantaggi. Sotto il profilo fiscale, qualora il dipendente resti fiscalmente residente in Italia, sara’ ancora una volta possibile ricorrere all’applicazione delle retribuzioni convenzionali che come spiego sotto sono fiscalmente vantaggiose.

 

Numero 5:  la Sospensione del Rapporto di Lavoro

Che cosa devi sapere:

    • Temporaneita’. Si tratta di un’ipotesi molto simile alla localizzazione ma non del tutto identica. In questo caso, infatti, il datore di lavoro originario localizza il dipendente presso proprie consociate estere accordandosi con il dipendente per sospendere il rapporto di lavoro e tutte le relative obbligazioni (trattamento economico, scatti di anzianità, Tfr, eccetera) per un determinato periodo di tempo, durante il quale il lavoratore svolgerà la propria attività alle dipendenze della società estera. Dunque, si tratta si’ di un rapporto di lavoro di diritto estero ma che prevede un’ assegnazione del lavoratore temporanea. Il sostenimento di tutte le competenze retributive sara’ evidentemente a carico della nuova societa’ estera.

Un piano strategico analizzato sotto il dettaglio nelle sua conseguenze fiscali ti da’ un vantaggio economico incalcolabile che dura negli anni.

Le variabili da prendere in considerazione per capire di cosa si tratta e cosa fare di volta in volta

Dal punto di vista fiscale, per comprendere quale delle forme contrattuali e’ applicabile di volta in volta e soprattutto per comprendere con quali conseguenze fiscali, e’ necessario esaminare ogni singolo caso alla luce dei tre seguenti parametri:

(i) la residenza fiscale (in Italia ovvero all’estero) del:

  1. Datore di Lavoro originario,
  2. dell’eventuale Datore di Lavoro di destinazione (pensa al distacco, il nuovo datore sara’ l’impresa presso la quale il lavoratore e’ distaccato, devi guardare a chi paga lo stipendio in sostanza) e
  3. del Lavoratore

Si tratta del dato fondamentale per capire dove il lavoratore deve pagare le tasse tra i due Paesi coinvolti.

(ii) il luogo ove viene effettivamente svolta la attività del Lavoratore interessato (dove svolge le sue mansioni? E’ spesso in viaggio? Torna spesso alla casa madre per fare report e riunioni?

(iii) la durata dell’attività che deve essere svolta dal Lavoratore in questione. Dalla durata, come avrai capito, dipende la formula contrattuale da applicare di volta in volta.

Ti faccio un esempio per farti capire perché e’ fondamentale incrociare il risultato delle tre variabili che ti ho appena elencato.

Un lavoratore fiscalmente residente in Italia che presta attività di lavoro subordinato (ad esempio per conto di un Datore di lavoro italiano) presso una consociata estera  in un paese estero e’ tenuto a dichiarare i suoi redditi anche in Italia, a meno che la Convenzione contro le doppie imposizioni in vigore tra l’Italia con il paese estero in cui viene effettivamente svolta l’attività lavorativa non autorizzano a tassare tali redditi esclusivamente nello Stato in cui l’attività viene svolta.

Una volta stabilito che tali redditi sono tassabili in Italia, bisogna quindi capire come.

Per i lavori dipendenti che lavorano all’estero, al verificarsi di determinate condizioni, la normativa italiana consente di tassare le cosiddette “retribuzioni convenzionali” al posto del reddito di lavoro effettivamente percepito. Tali retribuzioni convenzionali generalmente sono inferiori al reddito effettivamente percepito. Ne deriva quindi un vantaggio fiscale non di poco conto per il lavoratore.

Ricapitolando, le retribuzioni convenzionali si applicano al verificarsi delle seguenti condizioni:

  • che svolge la sua attività di lavoro dipendente all’estero in via continuativa per un periodo superiore a 183 giorni di soggiorno all’estero;
  • lavoratore dipendente fiscalmente residente in Italia;
  • il cui lavoro sia l’oggetto esclusivo del suo rapporto con il datore di lavoro

Se manca anche uno solo di questi tre requisiti, la tassazione tornerà a gravare sul reddito effettivamente percepito.

Ti rendi conto da solo che i professionisti con delle competenze tali da permettere di fare la scelta corretta e fiscalmente vantaggiosa non sono ne’ il tuo commercialista (se e’ la prima volta che si trova ad avere a che fare con processi di internazionalizzazione) ne’ tantomeno i consulenti del web che ti promettono il risparmio fiscale facendoti “scaricare” piu’ spese di rappresentanza … qui si tratta di cose serie.

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Il Credito Per le Imposte Assolte all’Estero in Caso di Lavoro Dipendente

La normativa italiana prevede la possibilità per i contribuenti che abbiano pagato imposte sia in Italia che nel Paese straniero su di un medesimo reddito di richiedere un credito d’imposta da detrarre dall’ammontare delle imposte dovute in Italia.

In particolare, per beneficiare del credito d’imposta previsto dall’art. 165 del TUIR è necessario che i redditi prodotti all’estero concorrano alla formazione del reddito complessivo del soggetto residente; non è, pertanto, possibile richiedere il credito d’imposta per redditi prodotti all’estero che sono considerati esenti da imposta in Italia oppure che sono stati assoggettati nel nostro Paese ad imposta sostitutiva, come ad esempio alcuni redditi di natura finanziaria (interessi attivi, dividendi, ecc.).

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Convenzione contro le doppie imposizioni stipulata dall’Italia con il Paese estero e se il tributo rientra nell’oggetto del trattato, in tal caso si può ritenere che lo stesso sia ammissibile.

Generalmente le imposte versate sui redditi da lavoro dipendente svolto all’estero rientrano tra i tributi che si possono scomputare dalle imposte dovute in Italia.

Le modalità di calcolo del credito di imposta non sono semplicissime e per questo saranno oggetto di un prossimo articolo di approfondimento.

Ancora una volta ricordati di maneggiarlo con cura.

I Lavoratori Transfrontalieri: che cosa devi sapere

La normativa fiscale italiana prevede alcune agevolazioni specifiche per i cd. “lavoratori frontalieri”; nel corso degli ultimi anni questa particolare categoria di lavoratori è stata oggetto di diversi provvedimenti che hanno portato a numerose modifiche del trattamento fiscale applicabile.

Sebbene la normativa non fornisca una definizione chiara di “lavoratore frontaliero”, sia la prassi ministeriale che la dottrina si sono espresse in più occasioni su tale tematica, pertanto è possibile qualificare un soggetto come frontaliero qualora:

  • sia fiscalmente residente in Italia;
  • si rechi quotidianamente all’estero in zone di frontiera per svolgere la propria attività lavorativa;
  • presti l’attività lavorativa nello Stato estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto.

Per potersi definire continuativa l’attività lavorativa svolta all’estero non deve essere occasionale, bensì presentare, anche contrattualmente, i requisiti di stabilità, mentre per definirsi esclusivo l’incarico deve essere integralmente svolto nel Paese estero.

Nel 2003 il Legislatore ha introdotto nell’ ordinamento italiano il regime della franchigia, cioè una soglia di esenzione da imposizione applicabile sul reddito da lavoro dipendente prodotto in zone di frontiera dai “lavoratori frontalieri”.

Tale regime è stato prorogato negli anni successivi subendo diverse variazioni dell’importo della franchigia senza però entrare mai in modo definitivo nel testo della norma.

Le ultime modifiche apportate alla disciplina fiscale applicabile ai lavoratori frontalieri hanno, invece, portato alla stabilizzazione della disciplina della franchigia; in particolare l’art. 1, comma 175, della legge 27 dicembre 2013, ha stabilito che a decorrere dal 1 gennaio 2014 il reddito da lavoro dipendente prestato all’estero in zona di frontiera da “lavoratori frontalieri” concorre a formare il reddito complessivo per l’importo eccedente 6.700 euro (franchigia).

La Legge di stabilità 2015 ha poi stabilito che a decorrere dal 1 gennaio 2015 la franchigia applicabile è fissata in 7.500 euro.

Il tema dei transfrontalieri e’ particolarmente delicato e molto sentito soprattutto nelle regioni del Nord Italia. Non sono pochi tra l’altro i transfrontalieri “confusi” che credono di dover pagare le tasse solo in uno dei paesi coinvolti, attenzione: non e’ sempre così.

In conclusione, una gestione del personale corretta in ambito di internazionalizzazione del business ti da’ due grossi vantaggi:

  • quello motivazionale dei tuoi dipendenti che si sentono fiscalmente protetti ed in regola potendo cosi’ svolgere tutte le loro mansioni in serenita’ (e soprattutto che non devono chiamarmi uno alla volta per analizzare le loro situazioni personali di volta in volta)
  • quello economico naturalmente. Gestire i processi per bene vuol dire in poche parole pagare meno tasse prima ed evitare sanzioni assurdamente alte in seguito (a frittata fatta).

Luca Taglialatela

Dottore commercialista e tributarista internazionale, creatore di Trasferimento Sicuro, il primo blog dedicato ai trasferimenti di residenza fiscale dall’Italia verso l’estero e Tax Planning Internazionale, il primo blog che insegna agli imprenditori come risparmiare fiscalmente sull’attività della propria azienda grazie al tax planning internazionale.

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