Le piattaforme online come Amazon & Co. svolgono un ruolo di primo piano nell’economia digitale e nell’enorme crescita del commercio online, di cui sono tra i principali facilitatori . È un fatto.
Una piccola premessa: nel post qui di seguito si utilizzano i termini marketplace, operatore e negozi indifferentemente per riferirsi a tutti quei soggetti che agevolano le vendite online di prodotti e servizi nei confronti di persone fisiche privati consumatori in qualità di siti web o piattaforme di intermediazione.
Secondo i dati diffusi da “Ecommerce Europe”, nel nostro continente il valore del commercio online nel settore B2C è di 621 miliardi di euro, con una crescita di circa il 13%. Si tratta di uno sviluppo molto rapido se consideriamo le differenze interne al mercato europeo (più di 40 paesi, 24 lingue, 28 valute).
I gestori delle piattaforme devono affrontare una serie di ostacoli, in primis la complessità delle leggi a cui attenersi. Tale complessità non farà che aumentare nei prossimi anni, almeno per quanto riguarda l’IVA.
L’anno prossimo entrerà in vigore il “nuovo” (si fa per dire … ce n’è uno ogni 3 giorni …) pacchetto europeo IVA. Tra i punti principali c’è una nuova legge che assegna alle piattaforme la responsabilità di gestire alcuni tipi di transazione. Questa regola è stata aggiunta perché le aziende di paesi terzi (non appartenenti all’Unione europea) che vendono merci a consumatori europei tramite piattaforme online non sempre (per usare un eufemismo) adempiono agli obblighi di conformità dell’IVA europea, provocando una riduzione delle entrate tributarie che non piace evidentemente a nessun governo …
A partire dal primo gennaio 2021, le piattaforme che agevolano l’importazione di merci di valore inferiore ai 150 € da rivendere a consumarti finali (B2C) all’interno dell’Unione Europea saranno considerate gli acquirenti dei beni stessi dai fornitori e, allo stresso tempo, saranno considerati anche i venditori degli stessi beni ai consumatori finali.
Di fatto ogni transazione B2C che passa per le piattaforme online sarà considerata splittata in due:
- una prima parte (B2B) in cui la piattaforma online riceve il bene e ne è responsabile per l’IVA
- una seconda parte (B2C) in cui è la piattaforma forma stessa a vendere il bene al consumatore finale, mantenendo altresì la responsabilità IVA ancora una volta.
Lo stesso varrà anche per le piattaforme che agevolano o gestiscono, all’interno dell’Unione, la vendita di beni prodotti da aziende non europee. La nuova misura vale sia per le vendite domestiche (per esempio se la vendita delle merci avviene nello stesso Stato in cui si trova il consumatore), che per quelle che prevedono il trasporto delle merci da un altro Stato Membro.
A seguito di tale iniziativa, le piattaforme online saranno tenute a riscuotere l’IVA sulle forniture al consumatore finale e a versare tale imposta all’amministrazione fiscale. Alla piattaforma online spetterà accertare il luogo di residenza del consumatore e quale aliquota IVA imporre. Questo potrebbe essere problematico, visto che le aliquote cambiano da paese a paese e le piattaforme spesso non forniscono descrizioni dettagliate delle merci in vendita.
Alcuni Stati Membri non hanno atteso l’approvazione della misura comunitaria e hanno imposto leggi nazionali che impongono alle piattaforme nuovi obblighi di registrazione contabile e una reponsabilità IVA condivisa (c.d. solidale). Regno Unito, Germania, Francia, Italia e Austria hanno già messo in atto norme speciali sull’IVA per le piattaforme online.
Il Regno Unito è stato il primo paese europeo a emanare disposizioni speciali per i marketplace inglesi. Da settembre 2016, il fisco inglese (HMRC) ha ottenuto l’autorizzazione per attribuire ai marketplace inglesi online la responsabilità in solido per l’IVA evasa da aziende d’oltreoceano che vendono merci ai consumatori inglesi. Nel 2018, la portata delle misure di responsabilità in solido è stata ampliata fino a includere anche le stesse aziende inglesi che che utilizzano i medesimi marketplace online e non abbiano adempiuto agli obblighi di versamento iVA:. Il Finance Act del 2018 ha anche introdotto alcune norme che impongono alle piattaforme di accertare la validità dei numeri IVA riportati sui propri siti.
In Germania, i marketplace che gestiscono la fornitura di merci di terze parti sono tenuti a rispettare alcuni obblighi di registrazione contabile dal primo gennaio 2019. Devono registrare le transazioni nel caso in cui il trasporto parta o termini in Germania, a prescindere se tali forniture siano o meno soggette a IVA in quel paese. Può essere difficile ottemperare a questa richiesta se la piattaforma gestisce solo una transazione e ignora la provenienza e la destinazione delle merci. Inoltre, agli operatori può essere attribuita la responsabilità del mancato pagamento dell’IVA sulle forniture legalmente concordate tramite i loro siti, a meno che non siano in possesso di una conferma elettronica del Federal Central Tax Office in cui si dichiara che il venditore è registrato in Germania ai fini IVA. Questa eccezione non vale per quegli operatori/marketplace che sappiano, o dovrebbero sapere (alla luce degli obblighi di due diligence a cui dovrebbe attenersi ogni persona prudente), che il venditore non ha ottemperato ai suoi obblighi fiscali.
Il 10 ottobre 2019, la Commissione Europea ha inviato alla Germania una lettera di costituzione in mora in cui chiedeva di ritirare la legge nazionale sulla responsabilità dei marketplace online. La Commissione ha ritenuto che le norme tedesche riguardanti la produzione di certificati fossero inefficienti e sproporzionate e che impedissero alle aziende europee il libero accesso al mercato tedesco, violando così la Legge Europea. Ha ritenuto che gli obblighi imposti ai gestori per evitare la responsabilità in solido andassero oltre quelli previsti dalle norme europee e fossero in contrasto con gli obietti della Digital Single Market Strategy for Europe.
In Italia, le piattaforme online che gestiscono vendita di merci a distanza sono tenute a comunicare alcune informazioni al fisco su base trimestrale. L’obbligo è stato introdotto nel Decreto Legge 34 del 30 aprile 2019 (the Growth Decree) e si applica da maggio 2019 al 31 dicembre 2020. La responsabilità dell’IVA sulle vendite a distanza ricade sulla piattaforma online se le informazioni dovute
(a) non sono state communicate, o
(b) sono incomplete, salvo nel caso in cui l’operatore dimostri che il fornitore abbia versato correttamente l’IVA. L’amministrazione tributaria italiana ha chiarito che, per adempiere ai nuovi obblighi trimestrali, i marketplace stranieri senza una stabile organizzazione in Italia dovranno registrarsi ai fini IVA o designare un proprio rappresentante fiscale.
In Francia gli obblighi di segnalazione per le piattaforme online sono entrati in vigore a gennaio di quest’anno e valgono per tutti i negozi, a prescindere dalla sede. Uno degli obblighi più problematici è quello di stabilire se le transazioni del venditore siano o meno soggette all’IVA francese. Questo va ben oltre la segnalazione passiva di dati che di solito troviamo nei database della piattaforma e prevede l’obbligo di verificare il trattamento IVA per ciascuna transazione (ossia, se il luogo di fornitura si trovi in Francia e se la fornitura è soggetta agli obblighi fiscali francesi). Questa misura ha lo scopo di garantire il coinvolgimento attivo delle piattaforme nella lotta contro le frodi IVA. Quando si individua un venditore non conforme e non viene espulso dal negozio, l’operatore assume la responsabilità in solido dell’IVA.
In Austria, a partire da gennaio 2020, le piattaforme devono segnalare alcuni dati relativi alle furniture di merci e servizi a privati. La piattaforma non è responsabile della comunicazione di eventuali dati scorretti ottenuti dal venditore, nel caso in cui non sia a conoscenza di tale errore, o non sia in condizione di verificarli. I dati devono essere inoltrati elettronicamente entro il 31 gennaio dell’anno successivo quando il valore totale delle vendite da registrare supera il milione di euro nell’anno solare. Se la somma è invece inferiore, le piattaforme devono fornire i dati solo su richiesta del fisco. (fonte Kluwer international tax blog).
Alla luce di questi approcci diversi è chiaro che l’obiettivo della Commissione Europea di creare un quadro normativo bilanciato e uniforme per le piattaforme online non è ancora stato raggiunto. Resta da vedere quali saranno gli effetti del pacchetto IVA europeo per l’e-commerce, in lancio l’anno prossimo.
Il punto fondamentale è però la battaglia che la Commissione ha evidentemente intrapreso per arginare il fenomeno di evasione IVA che è a dir poco impressionante.
L’appello a tutta la nostra comunità è allora quello di voler rivedere termini e procedure di applicazione dell’IVA ai propri prodotti e servizi in tempo per il prossimo 2021 quando nuove procedure e nuove sanzioni saranno irrogate senza pietà.
Non è più tempo di affidarsi a “termini e condizioni” redatti alla buona né tantomeno sul calcolo probabilistico che “tanto a me e non mi accertano”.
Non scherzate con l’IVA, per favore !
All the very best
Luca Taglialatela