Si parla spesso di patrimoniale, ma non si ha perfettamente chiaro di cosa si tratta. In questo report ho deciso di fornire una spiegazione delle folli esperienze di patrimoniale in Italia.
Prima di iniziare va detto che la patrimoniale in Italia è stata completamente sdoganata ed è diventata una tassa ordinaria come le altre. Gli italiani già pagano ogni anno 45,5 miliardi di patrimoniali tra Imu, Tasi, imposte di bollo e di registro, tasse di successione e via dicendo. Per cui, quando io e il mio studio parliamo di “rischio patrimoniale”, in realtà non stiamo dicendo nulla di speciale. Ogni anno tu già paghi tante patrimoniali.
Eppure ciò non dovrebbe avvenire.
Ma cos’è il patrimonio? Perché è generalmente considerato inviolabile dagli Stati civili?
In pratica quello che guadagni ogni mese si chiama reddito e viene regolarmente tassato da ogni Stato del mondo. Generalmente, con i soldi provenienti dal reddito ci compri il pane, la benzina, i vestiti, la lezione di pilates, ecc.. Eppure c’è una parte di soldi provenienti dal reddito che non usi per la spesa corrente, ma che decidi di accumulare per il futuro.
Tutto quello che conservi sotto forma di denaro, di case o di titoli azionari si chiama patrimonio. Il patrimonio è il denaro che proviene dal reddito che è stato già tassato una volta e che tu conservi per te stesso senza spenderlo in ristoranti, macchine e viaggi.
Ebbene in Italia questa parte di ricchezza (il patrimonio) viene spesso tassata dallo Stato una seconda volta. Ciò avviene attraverso misure straordinarie e ordinarie. Infatti non solo si minaccia una nuova patrimoniale ogni anno, ma ne sono state già realizzate parecchie a partire dagli anni ‘90.
In realtà si è cominciato a tassare il patrimonio in maniera sistematica a partire dal 1992. Si cominciò allegramente istituendo due tributi una tantum: il 6 per mille sui depositi bancari e il 3 per mille sui beni immobiliari. Fa piacere notare che si iniziò subito con il piede giusto.
A distanza di qualche mese furono introdotti nuovi prelievi “straordinari” sul patrimonio: sul possesso di velivoli, barche, automobili ad elevata cilindrata e riserve di caccia e pesca. Venne istituita addirittura un’imposta sul patrimonio netto delle ditte individuali che durò per ben 6 anni di fila (una misura “straordinaria” che dura ben 6 anni è a dir poco scandalosa!).
Ma il Governo si stava solo riscaldando. Infatti, nel 1993 sono stati dati i natali all’ICI, odiosa imposta sui beni catastali, che poi è diventata IMU e che è arrivata intatta fino ai giorni nostri.
Nel 2007 viene reintrodotta la tassa sulla successione. Ne sentivamo tutti la mancanza!
Ma è nel 2011 che la febbre della patrimoniale ha cominciato a infuriare di nuovo nel paese. Alcune imposte sono state addirittura inasprite: l’IMU è stato esteso alla prima casa. Sono stati tassati i beni detenuti all’estero e di nuovo sono stati colpiti velivoli, imbarcazioni e automobili ad alta cilindrata.
L’Italia è l’unico paese al mondo che ogni anno introduce nel dibattito pubblico la proposta di tassare nuove porzioni di patrimonio.
Eppure, tassare il patrimonio in maniera regolare è una follia criminale!
Tassare il patrimonio è come dire: ti tasso due volte, prima sul reddito che hai guadagnato quest’anno e poi su quello che ti è rimasto dopo la tassazione.
Doppia tassazione, che bello!
La patrimoniale, da misura straordinaria, è diventata una misura ordinaria.
Ma non è finita qui, lo Stato italiano sempre più assetato di denaro non si è limitato a far pagare le tasse due volte ai suoi “sudditi”, bensì ogni tanto ha deciso anche di fare dei prelievi forzosi dai conti correnti degli italiani.
La svalutazione del ‘92 e il prelievo forzoso sui conti correnti degli italiani
Tutto iniziò con il sistema monetario europeo, detto SME, entrato in vigore il 13 marzo 1979 e sottoscritto dai paesi membri dell’allora Comunità Europea (ad eccezione della Gran Bretagna, entrata nel 1990), la quale strinse un accordo per il mantenimento di una parità di cambio prefissata, la quale poteva oscillare entro una fluttuazione del ±2,25% (del ±6% per Italia, Gran Bretagna, Spagna e Portogallo), avendo a riferimento una unità di conto comune. Nel caso di eccessiva rivalutazione o svalutazione di una moneta rispetto a quelle del paniere, il governo nazionale avrebbe dovuto adottare le necessarie politiche monetarie che ristabilissero l’equilibrio di cambio.
Quindi, senza farla troppo complicata, le banche centrali dovevano fare in modo che le monete avessero una parità fissa entro un margine del 2,25% (6% per i paesi più instabili come l’Italia). Cosa vuol dire ?
Che ogni paese doveva manovrare, attraverso la propria banca, per mantenere il sistema stabile attorno al cambio prestabilito (nel nostro caso lira/ ECU). Quando proprio ”non gliela facevamo più “, una limitata variazione del cambio era però ammessa.
Ma nel 1990, come titola Repubblica il 6 gennaio di quello stesso anno: “La Lira entra tra i grandi d’Europa”. Cosa vuol dire? La moneta italiana non poteva più fluttuare del 6%, come le era stato consentito fino ad allora ma avrebbe avuto lo stesso margine di oscillazione di tutte le altre valute Cee: il 2,25%.
Quindi nel 1992 esplose la crisi valutaria: la lira italiana e la sterlina inglese furono costrette ad uscire dallo SME a causa del cd. Attacco valutario da parte degli speculatori.
Il principio alla base della speculazione si basava sulla impossibilità del trio inconciliabile e sfruttava la stabilità del cambio: poiché il cambio ufficiale era fisso, lo speculatore avrebbe venduto allo scoperto valuta debole acquistando valuta forte, avendo la certezza che le banche centrali sarebbero obbligate a mantenere il cambio accordato attraverso lo SME.
Infatti il gioco era semplice: lo speculatore vendeva lire e comprava una delle valute dello SME facendo svalutare la lira rispetto alla parità centrale fissata con l’ecu. Il banchiere centrale poteva solo fare l’opposto, ovvero controbilanciare la svalutazione del cambio, acquistando lire e vendendo valuta straniera.
Da dove le prendeva le valute straniere da vendere? Poteva solo fare ricorso alla propria riserva (valuta che aveva già acquistato in passato). Lo speculatore allora andava avanti nella sua azione e attendeva finché il banchiere centrale non esauriva le sue riserve, nel disperato tentativo di “difendere” il cambio.
Dopodiché il banchiere centrale non poteva far altro che lasciare svalutare la propria valuta. La banca centrale italiana dopo disperati tentativi abdicò quindi al tentativo di difendere la Lira. Lo speculatore vide la sua valuta straniera aumentare di valore, lucrando un immenso guadagno (nel caso di Soros l’equivalente di ben 15 mila miliardi di lire).
A mio avviso, Soros fece bene a speculare sulla lira italiana e sulla sterlina inglese, non è stato lui che l’ha fatta crollare. La lira italiana era debole, sarebbe crollata comunque e la parità con il marco tedesco era una finzione insostenibile. Soros ha semplicemente mostrato il re nudo, ovvero che quella era una maldestra manovra politica. Prima o poi, alla prima crisi, sarebbe successo comunque.
GLI SPECULATORI NON HANNO LA FORZA PER MUOVERE LE MONETE. Ma se si accorgono che una moneta è sopravvalutata si inseriscono nella scia che prima o poi le condurrà a crollare accelerando il suo declino. Soros non ha alcun potere, ha solo notato una inefficienza nel mercato, è un’operazione che fanno tutti i traders, anche i piccolissimi.
Se il cambio fosse stato libero invece che vincolato non ci sarebbe stato un problema del genere ed un rischio di speculazione.
L’attacco speculativo contro la lira – esordisce Soros – fu una legittima operazione finanziaria”. “Mi ero basato sulle dichiarazioni della Bundesbank, che dicevano che la banca tedesca non avrebbe sostenuto la valuta italiana. Bastava saperle leggere”. Nessun segreto, insomma. Nessuna informazione riservata o soffiata nei salotti dell’alta finanza. Solo una lucida, ma spietata, comprensione della realtà, che Soros sintetizza con una formula particolarmente efficace: “Gli speculatori fanno il loro lavoro, non hanno colpe. Queste semmai competono ai legislatori che permettono che le speculazioni avvengano. Gli speculatori sono solo i messaggeri di cattive notizie”.
Va detto innanzitutto, a difesa di Soros che egli avverti’ dalle colonne di quotidiani di New York e Londra che la difesa di cambi irrealistici da parte delle banche centrali stava provocando tensioni pericolose sui mercati dei capitali. In qualche modo avvertì i governi della assurdità della loro pretesa.
A questo punto succede che il governo Amato, al potere solo da pochi mesi, prese una decisione determinante: applicare una patrimoniale sui conti correnti degli italiani, il famoso 6 per mille sui capitali che, in realtà, erano già al netto delle imposte. Quelle tasse erano già state pagate, ma il crollo della lira italiana aveva obbligato il governo a trovare le risorse altrove.
Era la sera 13 settembre del 1992: alla televisione un preoccupato Giuliano Amato parlava della presenza di tensioni e della necessità di un riallineamento. Il giorno dopo la lira italiana aveva già perso il 7% del suo valore contro il marco tedesco. Quel giorno si rivelò essere l’inizio del periodo di sospensione della lira dal Sistema monetario europeo (Sme). Una crisi del debito paragonabile solamente a quanto successo nel 2011.
Un decreto legge di emergenza l’autorizzava a farlo: in quel provvedimento, varato mentre i mercati si accanivano sulla Lira, erano state inzeppate alla rinfusa misure le più svariate.
Dall’aumento dell’età pensionabile alla patrimoniale sulle imprese, dalla minimum tax all’introduzione dei ticket sanitari, dalla tassa sul medico di famiglia all’imposta straordinaria sugli immobili pari al 3 per mille della rendita catastale rivalutata. Prelievo sui conti correnti e Isi fruttarono insieme 11.500 miliardi di lire. L’imposta straordinaria sugli immobili, nella migliore delle tradizioni italiane, perse subito il prefisso stra per diventare una gabella ordinaria: l’imposta comunale sugli immobili, ovverosia l’Ici.
Le cose andarono diversamente da quanto Giuliano Amato aveva sperato: nonostante la cura da cavallo, la manovra di luglio più la finanziaria sfioravano insieme i centomila miliardi di lire, che portò l’economia italiana sull’orlo della recessione, la Lira, come dicevamo, dovette uscire dal “Sistema Monetario Europeo” neppure tre mesi dopo quella notte di luglio, e nella primavera successiva Amato si dimise.
Il prelievo forzoso dai conti correnti di Cipro del 2013
Non è solo lo Stato italiano che si è contraddistinto per questa pratica odiosa e innaturale. C’è un altro paese europeo che ha fatto ricorso al prelievo forzoso: l’isola di Cipro. E’ il secondo caso in Europa che a distanza di circa 20 anni dal caso italiano ha fatto tremare i correntisti di tutta Europa.
A Cipro la colpa del collasso sarebbe da ricercare nel fatto che il sistema bancario si espanse a dismisura, grazie a bassa tassazione e segreto e protezione delle identità’ e dati dei correntisti. Gli stessi banchieri ciprioti, si “ingrassarono” su tale sistema, e investirono male parte dei loro proventi. Dove? Nella Grecia pre 2008, quella che poi collasserà economicamente.
Il problema principale fu la forte esposizione che le sue tre principali banche – Banca di Cipro, Banca Popolare di Cipro e Banca Ellenica – avevano nei confronti della Grecia. Dopo la ristrutturazione del debito greco, le banche e i creditori privati persero circa l’80 per cento del valore dei loro crediti e questo creò grandi problemi, soprattutto per Cipro.
In più si aggiunga che secondo l’FMI in quell’anno l’economia cipriota si sarebbe contratta dell’1,2%. Senza contare che il debito privato era in forte crescita.
Infine i tassi di interesse dei titoli di stato erano saliti notevolmente negli ultimi tempi (quelli dei bond a 10 anni erano addirittura al 14 per cento) e le banche soffrivano anche di ciò. Per cui il governo con l’aumento dei tassi di interesse sui titoli pubblici aveva anche difficoltà a trovare capitali sui mercati internazionali.
Ecco la crisi cipriota spiegata in 3 elementi: recessione economica, incapacità del governi di trovare capitali, pessimi investimenti delle banche.
Esattamente come con la Grecia anche Cipro chiese alle istituzioni europee di subentrare e salvare la situazione. Invece di dire di “no” risposero che avrebbero aiutato Cipro solo se Cipro si fosse aiutata da sola. In breve volevano che Cipro usasse i depositi del suo importante settore bancario per ripianare i debiti.
Come?
Ebbene, secondo la CNBC la dimensione economica del settore bancario cipriota è otto volte più grande dell’economia dell’isola. Un terzo di questo depositi provengono direttamente dalla Russia. Infatti i magnati russi per nascondere i propri soldi al fisco russo, o per nascondere l’illiceità della provenienza dei soldi o anche per evitare l’incertezza politica in Russia si sono da sempre rifugiati a Cipro credendo ingenuamente che fosse un porto sicuro.
Il settore bancario è molto importante perché Cipro è considerato una specie di paradiso fiscale grazie all’attitudine del governo nel chiudere un occhio sugli enormi depositi che sfuggono alle tasse e alle polizie fiscali di tutto il mondo.
La Germania, fu in prima linea affinché Cipro facesse ricorso alle sue proprie risorse… o meglio quelle dei correntisti russi e ciprioti. In pratica i creditori (banche estere tedesche e nordeuropee) non avrebbero rischiato nulla, mentre tutto il peso sarebbe ricaduto sui correntisti residenti e non residenti.
Alla fine fu quindi deciso di imporre una tassazione obbligatoria a tutti i correntisti residenti e stranieri che avevano del denaro in banche cipriote. La patrimoniale fu del 9.9% per coloro che avevano più di 100.000 euro e del 6,75% per coloro che avevano meno di 100.000 euro.
In pratica decisero di far pagare ai russi la crisi cipriota. Ovviamente dovettero pagare anche i ciprioti che erano correntisti e nonostante il paese fosse in una recessione economica. Si racimolarono circa 6 miliardi di euro. In cambio di questa misura drastica le istituzioni europee avrebbero erogato un prestito di 10 miliardi a Cipro.
Per evitare la fuga dei capitali e l’assalto agli sportelli le banche restarono chiuse non solo durante tutto il week end, ma fino al giovedì. Tutto era stato organizzato per impedire che i correntisti ritirassero i propri soldi.
Il Governo di Cipro per placare la rabbia dei russi, decise di regalare la propria cittadinaza europea (che normalmente vende a 2.000.000$ ) a tuti gli stranieri colpiti da questo procedimento.
Ci sono rischi di ulteriori prelievi forzosi in Europa?
Entrambi i casi sono avvenuti in paesi dell’Unione Europea. E’ una pratica che si va facendo sempre più accettata dal mainstream, per cui siamo sicuri che se ne vedranno delle altre e probabilmente la prossima sarà proprio in italia vista la difficoltà che sta attraversando il nostro paese in questi anni travagliati.
I fondamenti teorici del prelievo forzoso hanno origine proprio nel ‘91 (prima del prelievo effettuato dal governo Amato). Infatti nel 1991, per risposta alle grandi preoccupazioni di gestione del debito tra le nazioni europee, Barry Eichengreen aveva scritto un paper intitolato “The Capital Levy in Theory and Practice” (La tassa sul capitale in teoria e in pratica). In cui si stabilisce che l’imposizione di una tassa sul capitale per risolvere problemi di debito creati da speciali circostanze può avere effetti positivi sul benessere collettivo anche se non si assicura la non-ricorrenza di tale misura. In pratica dice che ogni qualvolta ce n’è bisogno i governi sono autorizzati a imporre la tassa sui capitali.
Ma non finisce qui, il docente fa notare anche che in una società democratica i proprietari di capitali potrebbero opporsi con forza a tale misura, far perdere tempo e permettere ai capitali di uscire dal paese.
L’unica vero prelievo forzoso sui capitali che ha avuto successo (considera che quando scrive non era ancora avvenuto il caso italiano e quello cipriota) è nel Giappone post seconda guerra mondiale in un contesto di soppressione della democrazia, in cui una potenza straniera ha imposto il prelievo.
In pratica lui stesso suggerisce di sopprimere la democrazia nel periodo del prelievo forzoso (chiusura delle banche e imposizione da parte di ente esterno).
Infatti, quando dico che questo paper del 1991 è alla base dei successivi prelievi forzosi (1992 in italia e 2013 a Cipro) non esagero. In entrambi i casi l’imposizione è avvenuta per esigenze esterne (nel caso di Cipro fu una richiesta esplicita dei creditori e soprattutto della Germania).
Questa imposta si ripresenterà in futuro? Adesso che ci sono precedenti e una prassi consolidata (a Cipro si è visto che 5 giorni di chiusura forzata delle banche sono sufficienti a impedire l’assalto agli sportelli) i nostri governanti prenderanno più a cuor leggero questa decisione.
Non ci sarà più un Giuliano Amato palesemente teso e sudaticcio ad annunciare il prelievo forzoso. Basterà un comunicato all’ANSA e un ordine prefettizio di stare lontani dalle banche per 4 giorni. Se l’hanno fatto nel ‘92 quando nessuno se l’aspettava e quando era considerato un tabù, figuriamoci adesso che ci sono 2 precedenti di successo….
Insomma, che fallisca lo Stato oppure le banche i tuoi beni sono comunque in pericolo.
Le leggi sul bail in sono nel cassetto dei governi dal 2017. Il bail in è la misura che permette ai governi e alle banche di rifarsi sui soldi dei correntisti per salvare le banche da eventuali crisi di bilancio. In poche parole significa espropriazione dei conti privati per salvare le banche.
Christine La Garde, direttrice del Fondo Monetario Internazionale, ha affermato che lo Stato è legittimato a fare prelievi forzosi sui beni superiori ai 100.000 euro. Il governo potrebbe confiscare il 20% dei patrimoni sopra i 100.000 euro. Una manovra del genere sarà applicata da un giorno all’altro con l’effetto sorpresa, esattamente come l’esperienza di Cipro 2013. L’OCSE non è da meno, ha espresso il suo favore ad una misura di espropriazione dei patrimoni privati.
Purché non fallisca un paese importante come l’Italia le organizzazioni internazionali e gli Stati sono tutti disposti a chiudere un occhio. Nessuno verrà a difendere il tuo patrimonio, dovrai farlo da solo.
Prima ti muovi e meglio è.